AMERICA COAST TO COAST: IL RACCONTO DI FABIO RINALDI (Terza settimana del mio viaggio)…
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Fabio Rinaldi, ex maratoneta azzurro, già campione italiano della specialità, e oggi fotografo professionista, ci racconta la sua avventura in solitaria, in bici, Coast to Coast in America.
Altri 1000 km in una settimana sono passati e con loro anche tanti incontri e tante storie da raccontare. Lasciata l’Arizona arrivo in New Messico e subito mi accoglie un forte vento che condiziona le mie pedalate. Non sempre peró è negativo. Un giorno mi trovo a pedalare ai 50km/h spinto dal vento favorevole ma, nell’euforia della velocità, sbaglio strada e quando me ne accorgo è ormai troppo tardi per tornare indietro. La mia destinazione è El Paso e il mio sbaglio mi fa addirittura fare una strada più corta. Il problema è solo cercare una città intermedia che offra pernottamento. Non ci sono molte scelte c’è Columbus che ha anche un hotel molto caratteristico ad un prezzo più che economico . Quindi mi dirigo lì: non capisco di essere arrivato anche se mi ritrovo nel cuore della città. Vedo la biblioteca, il museo, che come in tutte le città americane consiste in una vecchia locomotiva e qualche attrezzo agricolo, e poi una targa che ricorda che quello è stato il paese di Pancio Villa. Ecco l’ Hotel, mi accoglie un signore settantenne ,non ispanico che subito mi mette a disposizione ogni genere alimentare .Mi chiede le generalità e cosa faccio oggi: domanda insolita, magari però le nuove leggi sul terrorismo lo prevedono. Arrivato negli Usa in aeroporto ho dovuto raccontare delle mie ultime vacanze a New York ad un’addetta ai controlli. Gli spiego che girerò per la città in cerca di cose interessanti da fotografare. Lui mi risponde che non ci sarà fino alle 18 perché è anche l’ autista dello scuolabus e deve fare tanta strada. Curioso: il proprietario dell’hotel è anche l’ autista dello scuolabus. Esco, giro per il paese e vado nella biblioteca comunale per avere notizie. Mi chiedono dove alloggio:”Nell’hotel qui vicino”, rispondo. “Ah sì, quello di Philip ,il sindaco”. Quindi il proprietario dell’ hotel che guida lo scuolabus è anche il sindaco? Sì, è un uomo impegnato. Si fa ora di cena torno in hotel e incontro il proprietario , il sindaco e l’ autista di scuolabus e chiedo a lui dove posso mangiare. Lui : “Ti piace la cucina messicana?”. Certo .”Ok ,dammi 5 minuti e andiamo al ristorante. Il ristorante messicano dove siamo diretti è veramente messicano: prendo il passaporto e andiamo in Messico. Superato il confine Philip si ferma ogni tanto a salutare qualcuno e anche arrivati al ristorante viene accolto con affetto tanto che gli chiedo se anche in Messico svolge qualche ruolo, lui candidamente mi risponde: “sono un uomo di politica”
Tranquillamente mi dice di essere repubblicano ma di non amare Trump cerca un termine giusto per dire il perché e alla fine dice” perché non è truthful e subito cerca la traduzione in italiano su google traduttore che da come traduzione: veritiero. Gli chiedo cosa invece ne pensa del Presidente precedente mi risponde elencandomi secondo lui quali sono state le cose migliori che ha fatto : è stato un buon marito e un ottimo padre. Insomma Philip è molto diplomatico.
La mattina seguente è già ora di proseguire il viaggio e Philip proprietario dell’ hotel, autista di scuolabus e sindaco mi osserva preparare la bicicletta come uno che vede andar via un vecchio amico che non rivedrà più. Mi abbraccia, mi lascia il suo numero di cellulare e mi dice :”Se dovessi avere qualsiasi problema ti posso raggiungere in auto!”. Il viaggio prosegue liscio a parte un po’ di grandine presa, ma è normale con tutto l’ uso di ghiaccio che fanno gli americani averne un po’ dal cielo… La strada mi porta a fermarmi a Sierra Blanca in Texas . Il paese presenta più locali chiusi e abbandonati che aperti.
Mi fermo in un motel, e questa volta il proprietario fa solo il proprietario di motel, ma è vestito come un cow boys uscito da un set di un film. Vado nella mia stanza e mentre attraverso il cortile di ghiaia mi corre incontro un ospite del motel che mi dà in mano un mezzo melone come benvenuto: ma non si usava portare la torta ai vicini ?. Il mio vicino di camera è un ragazzo che sta facendo il mio stesso viaggio, la differenza è che lui vuole stare in giro tre anni. Lui è molto premuroso nei miei confronti mi offre da bere ,mi gira le sue mappe digitalizzate del viaggio e mi presta gli attrezzi per dare una sistemata alla bicicletta . Io in cambio gli offro il mio melone, che non saprei proprio dove tenerlo, viste le calde temperature. “Non hai il frigo in camera?” Ci deve essere”, mi dice, e avverte il proprietario del disguido che in tre minuti arriva con uno scatolone da cui esce un mini frigo che immediatamente viene istallato nella mia camera. Così il melone è salvo .
Dalla camera sento i passi sulla ghiaia e un rumore metallico che li accompagna. Guardo e vedo il proprietario con un suo amico ,che camminano e il rumore è quello dei loro speroni. Non vedo cavalli peró, quindi capisco che li mettono anche per andare sui loro pick-up. L’amico indossa un soprabito lungo chiaro (che una volta era molto più chiaro) e dei jeans che saranno nati con lui. Si chiama Bill, come quasi tutti. Sono lì che parlano tra di loro e danno spettacolo con le loro movenze da attori di film western . Vado a parlare con loro armato di macchina fotografica( mentre Bill è armato di fucile- è venuto a riprenderselo dopo un prestito all’ amico) . Gli chiedo se è possibile andare a vedere dove vive. Meglio chiedere , perché in Texas la proprietà è cosa seria e se entri senza permesso il fucile è lì pronto ad accoglierti. Nessun problema: saliamo sul pick-up con il fucile caricato dietro nel cassone in mezzo a un centinaio di lattine di birra vuote e mentre andiamo avanti il numero di lattine finite continua ad aumentare.
Arriviamo in quello che lui chiama ranch , in realtà formato da roulotte e caravan in cui vivono lui e sua moglie, senza acqua e con energia elettrica fornita da un generatore che gira costantemente. La moglie gli va incontro borbottandogli qualcosa ma Bill le molla il fucile in mano, non ascoltandola, e mi porta a vedere i suoi animali oltre ai dieci cani che mi stanno girando intorno festanti .
Torniamo da sua moglie e lui ,vero cowboy duro, per un attimo è un marito affettuoso che si accorge dello smalto nuovo sulle sue unghie. Entra in roulotte, prende un altro fucile e mi porta da quello che chiama suo fratello, questo perché erano sotto le armi insieme . Anche suo fratello vive con sua moglie in una roulotte e in un camper.
Nel ranch del fratello rompo gli indugi e chiedo a Bill di farmi vedere come spara , detto fatto. Carica e…bang! Nella maniera più naturale che ci sia . “Vuoi provare?”, mi chiede Bill. Certo! Non aspettavo altro. Bill mi raccomanda di fare attenzione al rinculo del fucile e al rumore assordante… ma chi lo ascolta più: in questo momento ho 8 anni e vedo solo un fucile nelle mie mani pronto a fare bang nel vuoto. E bang sia, un bang che ti riporta indietro di 35 anni quando la TV passava ancora i film di John Wayne e in un cortile giocavi ai cow-boy con i coetanei .
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